Ultima parte di “archeologia e mistero”, stavolta per parlare di una nuova esperienza personale: la visita alle linee di Nazca, in Perù.
Come per magia, torniamoa qualche anno fa…
Inizia il viaggio
Ed eccomi, dunque, nella così detta “Pampa Colorada”, raggiungibile tramite la Panamericana, una strada infinita che attraversa da nord a sud l’intero continente americano.
Lungo la strada incontro il così detto “Mirador”, una piattaforma metallica sopraelevata, alta quattordici metri.
E, già da questo insolito punto di vista, posso dare una facile occhiata alle famose linee di cui l’archeologia e chi si occupa di “mistero” tanto parlano.Sì, visto che mi permette di poter vedere “qualcosa” senza sobbarcarmi i disagi fisici, psicologici ed economici di un sorvolo aereo. Ma il termine “qualcosa” non è usato a caso, perché dalla cima intravedo solo alcune linee irregolari che faccio fatica a ricondurre a figure e a geometrie (da terra, ovviamente, è ancora peggio, nel senso che non ho la minima percezione della loro presenza).
E, sempre da terra, sento molto bene il vento che spazza la zona in modo incessante. Per questo, mi chiedo come le linee sul terreno si siano conservate nei secoli. Allora… la spiegazione che dà l’archeologia pare essere questa: il terreno, riscaldandosi ed oscurandosi, crea una sorta di cuscinetto d’aria calda che lo isola dagli agenti atmosferici (qui, poi, non piove mai).
Spiegazione credibile? Pur non avendo la possibilità di entrare all’interno della “pampa”, ho visto chiaramente che i turbini di vento spostano le tante pietre di cui è ricoperta. Insomma, non mi è parso che il “cuscinetto” funzioni molto… il mistero rimane.
Il sorvolo aereo
Ma ora entriamo nel vivo del discorso… che prevede il noleggio di un aereo, condizione ottimale per poter apprezzare al meglio le figure sul terreno.
Eccoci, dunque, di prima mattina al piccolo aeroporto di Nazca…
…dove tanti piccoli apparecchi sono in attesa di decollare.
Il nostro velivolo contiene sei posti, pilota compreso. Ma lo spazio all’interno è veramente ridotto, ed il caldo soffocante.
L’aereo attende qualche minuto, a motore acceso, il via libera dalla torre di controllo. Nell’attesa, ovviamente, si fanno due chicchere con gli altri compagni di bordo. E qualcuno, più nervoso degli altri, pensa bene di ricordare che qui, parecchio tempo prima, sono morti in una collisione aerea alcuni turisti italiani.
Cercando di pensare ad altro, chiedo al pilota come si fa ad essere sicuri che siano stati davvero i Nazca (200 a.C. – 600 d.C) a tracciare le linee nel terreno.Pare che dipenda dalla similitudine con alcune ceramiche riconducibili sicuramente dalla loro cultura. E a rafforzare la teoria, ci ha pensato il test del radiocarbonio condotto su alcuni pali ritrovati nei pressi delle figure.
Ma è tutto qua?! Sì, perché, a pensarci bene,i Nazca potrebbero aver semplicemente riprodotto nei loro manufatti quanto già presente sul terreno. E, poi, come si fa ad essere sicuri che i pali ritrovati siano coevi con la produzione dei disegni? A volte l’archeologia lascia perplessi… direi che il mistero, anche questa volta, rimane.
Il pilota prosegue spiegando che le figure sono state realizzate asportando pochi centimetri della parte superficiale più scura, ma che ancora non si conosce il vero motivo per il quale siano state prodotte (le teorie sono tante, da quella astronomica a quella religiosa, senza che nessuna sia esaustiva dell’intera produzione). E ci sono anche discussioni su come abbiano fatto a realizzarle con così tanta precisione. Conoscevano il volo stile mongolfiera, come sembrano suggerire certe raffigurazioni, oppure, più semplicemente, realizzavano delle figure in scala ridotta che poi duplicavano? Altro mistero…
Ecco le linee
Comunque sia, finalmente, partiamo, raggiungendo rapidamente la quota di crociera (poche centinaia di metri).
A differenza di quanto si possa pensare, occorre attendere diversi minuti prima di poter avvistare le figure e queste sono piuttosto distanziate le une dalle altre.
Nel frattempo, il sole non è più radente l’orizzonte, con il risultato che le ombre create dai piccoli rialzi sul terreno sono quasi scomparse. Quindi, realizzare buone foto di tali meraviglie dell’archeologia non è facile. Se a questo si aggiunge che l’aereo, per permettere la miglior visione possibile, si inclina continuamente ed alternativamente da una parte e dall’altra…
E, come se non bastasse, a confondere la prospettiva un numero veramente impressionante di linee che si incrociano, si dividono, il tutto sullo sfondo di una interminabile ramificazione di fiumi in secca.
I contorni delle figure sono però molto precisi. Ed ecco la “balena” ed il “trapezio”. Ma, soprattutto, il così detto “astronauta”, inciso su una montagnola color ruggine.
Curiosamente, tiene alzata la mano destra in segno di saluto, come se qualcuno stesse scendendo dall’alto. Ma ancora più curioso è il suo capo, perché, a parte gli occhi, non ha rilievi facciali, come se indossasse una maschera o un casco. Un altro vero mistero, mi viene da pensare.
L’aereo prosegue nel suo sorvolo, e così ecco altre figure come il “colibri”…
…ed il “ragno”. Quest’ultimo è considerato una raffigurazione della costellazione di Orione, ma, soprattutto di un rarissimo ragno della foresta amazzonica del genere Ricinulei.
Va anche ricordato che i Nazca erano soliti rappresentare alcune divinità in forma di ragno perché questo possiede caratteristiche importanti: la capacità di tessere (i Nazca erano molto abili nel lavorare la tela), la forma tentacolare (simbolo di potere) ed il preannunciare la pioggia (quanto mai desiderata in una zona arida come è la “Pampa”).
Un aeroporto extraterrestre?
Ma torniamo “in diretta” dall’aereo.
Uno strano “rettangolo” mi fa capire come a Von Daenikensia venuta in mente l’idea, così aborrita dall’archeologia, di uno “spazioporto” extraterrestre.
Effettivamente certe geometrie ricordano una pista di atterraggio per aerei (e la presenza del cosiddetto “astronauta” rafforza in parte questo concetto).
Esistono però alcuni fattori che smontano decisamente questa idea di mistero:
- il terreno è troppo soffice e friabile per fare da appoggio ad un velivolo che plana.
- le “piste” sono esageratamente lunghe e a volte attraversano colline
- la “pampa”è un vero “casino” di linee e lineette che facilmente confondono.
Diverso, invece, è ipotizzare che in un tempo passato siano scesi dal cielo ciò che i Nazca consideravano “dèi” e che le raffigurazioni siano una sorta di “culto del cargo”, con un invito alle “divinità” a ritornare.
Ad ogni modo, dopo una mezz’ora di volo, eccoci di nuovo con i piedi per terra e lo stomaco… in alto.
Ma lo spettacolo è stato davvero impagabile.
Una strana idea
C’è però un pensiero che mi frulla in testa. E, cioè, esiste una correlazione fra il sottosuolo così ricco di ferro (come raccontato la guida) e le linee?La faccenda nasconde un reale mistero?
Perché gli aerei moderni, in fase di atterraggio, intercettano una sorta di “sentiero di discesa” (in pratica, la guida del velivolo passa al pilota automatico che, seguendo impulsi elettromagnetici provenienti da antenne poste sulla pista, riporta l’apparecchio a terra).
Ora, si sa, grandi quantità di ferro producono forti campi magnetici. Se opportunamente indirizzati potrebbero… ma probabilmente è solo una mia fantasia che nulla ha a che fare con la “seria” archeologia…